William Ghizzoniwebdesigner: Giorgio Sicurella

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Questa sezione comprende materiale vario (ricordi, testi, foto, miei articoli, mie trasmissioni radio, suggerimenti di ascolto…) relativo alla passione che mi ha accompagnato per tutta la vita – appunto, la musica.

Indice

Note, integrazioni, commenti e contributi   clicca qui  

1. Quando e come tutto comincia

Francamente non saprei rispondere.
Se parto dalla genealogia, non ho grandi cose da segnalare. Certamente non so quanto fosse legato alla musica il mio antenato più remoto finora individuato con certezza da mio fratello, esperto di questa materia (si chiamava Alberto de Uguzzioni, e compare in un documento del 1231, in cui si dice anche che era “figlio di Gerardo”…).
Qualcosa, comunque, posso citare, o almeno qualcosa di cui io sono al corrente.
Mio nonno paterno era campanaro. E come lui lo fu il suo secondo figlio, mio zio Angelo. Uno dice campanaro, e sembra niente. In realtà, quello del campanaro è un lavoro molto difficile e delicato, se fatto bene (e mio zio lo faceva molto bene, e vinceva un sacco di gare, come testimoniato dalle coppe che i suoi figli hanno conservato). Un lavoro che richiede creatività (per non diventare subito ripetitivi, con solo 4 o 5 note a disposizione…), tempismo, energia, sicurezza di sè…
Mio padre e mia madre cantavano entrambi bene. Erano molto intonati, e le loro voci si facevano ben sentire in chiesa, anche quando il coro era numeroso.
Quanto a me, non credo di aver rivelato doti musicali precoci o strabilianti: semplicemente avevo orecchio (ma non l’orecchio assoluto), avevo buona memoria musicale e cantavo bene anch’io, come i miei genitori e anche come i miei fratelli, si sarebbe visto poi.

La vera storia della mia vita musicale comincia verso il 1944/45, quando entra in casa un pianoforte.
Si era in guerra, e in quelle ultime, confuse fasi le città erano bersagli di bombardamenti. Così molte famiglie “sfollavano” nelle campagne, portandosi dietro i mobili che potevano. Una di questa famiglie venne a vivere non lontano da noi, e si ritrovava con un vecchio pianoforte verticale che non sapeva dove mettere, perciò lo mise in vendita a basso prezzo. Mio padre lo venne a sapere, e decise di comprarlo: spazio non ce n’era neanche da noi, e soldi nemmeno, ma lui – non so come – ci riuscì. E così ecco che un giorno, trasportato da un carro tirato da un cavallo, arriva il pianoforte. Che viene messo, diciamo, nel soggiorno-cucina, cioè l’unica stanza del nostro “appartamento” (a parte una camera da letto, praticamente in soppalco).
Io lì per lì non ne faccio nulla. Per qualche tempo sarà solo mio padre a inventarsi e suonarci degli esercizietti per suo diletto personale.
Occorre aspettare la fine della guerra perché scuole e trasporti comincino a funzionare. E a quel punto io posso cominciare a prendere lezioni di piano – quello che mio padre aveva in mente quando comprò lo strumento.

2. Gli studi musicali

Il mio primo insegnante si chiamava Vittorio Barbieri. Di lui non ricordo molto: aveva pochi capelli biondi, ed era – almeno in larga misura – non vedente.
Io cominciai ad andare a lezione da lui verso la primavera del 1946 (lo vedo dalle date che lui segnava, nei libri di musica che ancora conservo, sui brani che mi assegnava da studiare). Andarci non era semplice: io abitavo in campagna, a Masone, , a soli 7 chilometri dalla sua casa in Reggio città, ma ero piccolo, non c’erano autobus, e i miei non mi lasciavano andare da solo con i soli mezzi disponibili, bicicletta e/o treno. Credo che mio padre tornasse appositamente a casa all’ora di pranzo (mezz’ora di bici) per prelevarmi e portarmi dal maestro. Fatta la lezione, aspettavo che mio padre uscisse dal lavoro per tornare a casa con lui. Così partiva un intero pomeriggio….Di lezioni, per queste difficoltà e anche per il costo, probabilmente non ne prendevo più di una per settimana.

Poi mio padre riuscì a farmi iscrivere ad una vera e propria scuola pubblica, l’Istituto “Achille Peri”. E così, a partire dall’anno scolastico 1946/47, cominciai a frequentarla regolarmente, fino al diploma, una decina d’anni dopo.
L’Istituto Achille Peri, che era già attivo prima della II^ guerra mondiale, aveva ovviamente chiuso i battenti nel periodo bellico, e poi ripreso a funzionare dopo la Liberazione.
La scuola era comunale, e – pur non essendo “pareggiata” - seguiva gli stessi programmi dei Conservatori, le scuole musicali statali. Allora si chiamava “Istituto Musicale”, poi – molti anni dopo – diventò “Liceo Musicale”.
Era situata nel corpo del Teatro Municipale (in seguito il Romolo Valli), all’ultimo piano (qualcosa come 90 gradini) di una scala che si imboccava da una porticina sul lato dei Giardini Pubblici.
Era diretta, e lo fu per tutto il periodo del mio corso di studi, dal Maestro Giovanni Ferraboschi, che vi era anche insegnante di violino. Altro insegnante di violino era il M° Borciani, padre di Paolo Borciani, che poi sarebbe diventato il fondatore e l’anima del Quartetto Italiano. Accanto allo strumento principale, la scuola prevedeva all’inizio la frequenza ai corsi di Teoria e Solfeggio, che frequentai per i tre anni regolamentari sotto la guida del
M° Alfredo Mamoli.
Il mio insegnante di pianoforte, invece, si chiamava ancora Barbieri, ma questa volta Aurelio, Aurelio Barbieri. Questa è una sua foto, più o meno di quel periodo

Aurelio Barbieri

E qui c’è un’altra sua foto, più giovanile, allegata ad un articolo commemorativo apparso sul “Resto del Carlino” di Reggio Emilia nel 1978, in occasione della sua morte.
L’articolo è un po’ ingenuo e non va molto a fondo nella vita del maestro, però qualcosa la dice

Quando io ero ragazzo, su di lui circolavano anche altre notizie. Che aveva studiato a Bologna, ad esempio, e forse sotto un insegnante illustre (della scuola di Martucci?). Che da giovane, per sbarcare il lunario al tempo del cinema muto, aveva suonato spesso come accompagnatore sotto lo schermo. Che aveva rinunciato ad una carriera di concertista, pur avendone tutti i requisiti, perché soffriva di panico in pubblico. E che aveva un grande rispetto per il jazz (stimava molto il clarinettista Hengel Gualdi, del cui fratello Giancarlo lo stesso M°. Barbieri era insegnante di piano)
Non aveva un bel carattere, questo va detto. Aveva invece un carattere severo ed esigente, che non accettava compromessi. E anche impetuoso, per cui al povero allievo svogliato o impreparato potevano capitare terribili sfuriate, con libri sbattuti sul piano o perfino il coperchio della tastiera chiuso violentemente, il che ti svegliava di colpo, se non altro per salvarti le mani…. Io, da bambino, ne ero terrorizzato, e quando era ora di andare a lezione avevo spesso il morale sotto le scarpe…
Però poi, col passare degli anni, ti accorgevi che Barbieri ti insegnava davvero a suonare bene il pianoforte. E che la sua ruvidezza si stemperava in tenerezza e orgoglio non appena un suo allievo si esibiva in pubblico e riceveva un caloroso applauso…Per arrivare a questi “applausi indiretti”, si prodigava non poco, e ti dava ripetizioni private e gratuite a casa sua, in cui aleggiava un odore irripetibile, quello che per me era l’odore dei suoi due pianoforti a coda.
Barbieri era anche un grande organista, e fu con gioia che riuscii a farlo venire a suonare l’organo in Duomo a Reggio per il mio matrimonio. Fu l’ultima volta che lo vidi. Solo molti anni dopo seppi della sua morte.

Ho dedicato tutto questo spazio al M° Barbieri perché quello che lui mi diede fu un imprinting fondamentale per tutta la mia preparazione, le mie idee e perfino per il mio gusto e le mie preferenze in campo musicale.


Ho frequentato l’Achille Peri dal 1946/47 fino al Diploma, nel 1956, e nel frattempo sostenevo anche diversi esami (Quinto corso, Armonia, Ottavo corso) presso il Conservatorio di Parma, per dare valore legale ai miei studi musicali. Di questo valore legale, però, non mi sono mai più servito.

3. Avvenimenti durante gli studi musicali

Segnalo qui alcuni delle cose principali avvenute durante il decennio dei miei studi musicali. Naturalmente, nello stesso periodo, frequentavo le scuole normali (Elementari, poi Medie Inferiori e Superiori, e anche il primo anno di Università) : di questo parlerò nella Sezione Personale di questo sito.

1953. Concorso Provinciale per giovani Pianisti

Questo concorso venne bandito in gennaio

Fui iscritto quasi naturalmente: a Reggio E. eravamo in pochi a studiare il pianoforte, e quei pochi frequentavano quasi tutti l’Achille Peri, che aveva sponsorizzato il concorso. In febbraio ci furono le eliminatorie, e poi la prova finale dei vincitori, sotto forma di concerto in pubblico.
Nel programma del “Concerto dei vincitori”, pubblicato qui sotto, ho lasciato in chiaro, oltre al mio nome, anche quello di una ragazzina che risultava fra i vincitori della I^ categoria, “Giovanissimi pianisti”. La ragazzina si chiamava Ada Ferrari, e dopo una dozzina d’anni diventò mia moglie…

Nella II^ categoria, quella dei “Giovani pianisti” (in realtà quelli più anziani”), credo che tutti si aspettassero la vittoria di G.B.: era più vecchio di me di un anno, era alto e serio, insomma quasi un uomo, e molto affidabile…Però, durante il concerto, fu colto da panico, si fermò ben due volte… e la giuria e il pubblico non poterono non assegnare a me la vittoria nel gruppo dei pianisti “giovani”. Un trionfo inaspettato, che tra l’altro esorcizzò per sempre la mia paura del pubblico. Cosa di cui si accorse anche il M° Barbieri, che da lì in poi seppe di poter almeno contare sulla mia tranquillità e disinvoltura sul palcoscenico. E mi premiò anche con un 8 in pagella, a fine anno scolastico.

Reggio Emilia, 28 maggio 1953. Il sindaco Campioli mi consegna un premio di un’istituzione cittadina

1954. Gita scolastica dell’Achille Peri a Torre del Lago (casa di Puccini) e Firenze

Me ne rimane un ricordo fotografico, in cui compaiono diversi insegnanti e colleghi di quel periodo

Firenze, 28 maggio 1954

1956. Conclusione degli studi musicali

A fine anno, il solito saggio pubblico.

Al saggio suonai un difficile Toccata e Fuga di Bach-Busoni. E sembra anche con discreto successo, a leggere la stampa cittadina.

E finalmente arrivarono la pagella finale…

e il diploma…

Allievi dell’Istituto Achille Peri.

Per completare il quadro rievocativo dei miei anni all’Achille Peri, scrivo qui i nomi di alcuni degli allievi da me conosciuti allora e di cui conservo ancora un minimo di ricordo, con qualche dato informativo, se e quando ce l’ho.

Anno Scolast.

Allievo

Strumento

Insegnante, m°…

Corso

1953/54

Barozzi, G. C:

pf

Guastalla

1952/53

Beltrami, A.

vl

Ferraboschi

10°

1952/53

Bocedi, O.

pf

Barbieri

1955/56

Boni, G.

Corno

Bigi

1952/53

Caleri, G.

tromba

Bigi

&°?

1953/54

Catellani, M.

tromba

Bigi

1954/55

Folloni, T.

pf

Barbieri

1955/56

Formentini, L.

pf

Guastalla

10°

1954/55

Franceschetti, E.

Fagotto

Pastori

1955/56

Gianferrari, Learco (+)

tromba

Bigi

1955/56

Gualdi, G.

pf

Barbieri

?

1952/53

Maddalone, C.

pf

Guastalla

1955/56

Manzotti, M.

Viola

Ferraboschi

1952/53

Margini, P.

pf

Guastalla

1955/56

Masini, Gianfranco (+)

cl

Pastori

1952/53

Menozzi, Aramis (+)

pf

Barbieri

10°

1953/54

Nutini, E.

vkl

Ferraboschi

1956/57

Poli, Francesco

cl

Pastori

1952/53

Prodi, F.

violino

Ferraboschi

1952/53

Prodi, Q.

violoncello

Grassi

1956/57

Ragni, C.

pf

Guastalla

1953/54

Salomoni, A.

trombone

Bigi

1956/57

Santucci, G.

pf

Barbieri

?

1956/57

Scaravelli, S.

pf

Guastalla

1953/54

Schiatti, A.

vl

Ferraboschi

1955/56

Tedeschi, Mario (+)

pf

Barbieri

  3a. Il mio amico Gianfranco Masini 

Quando frequentavo l’Istituto musicale Achille Peri di Reggio Emilia entrai in contatto con un ragazzo, un mio collega studente nello stesso Istituto. Lui però studiava Pianoforte come materia complementare, mentre la sua disciplina primaria era Clarinetto, e nel frattempo aveva anche cominciato a studiare Composizione. Era un ragazzo aperto e simpatico, con due bellissimi occhi verdi (così almeno li ricordo, comunque chiari) e un sorriso ampio e contagioso. Non so come e non so nemmeno perché, ma simpatizzammo presto l’uno con l’altro, e diventammo buoni amici. Lui venne anche più di una volta a casa mia.
Poi i casi della vita ci separarono. Io terminai gli studi musicali, intorno ai 19 anni, quando avevo già cominciato a frequentare l’Università, a Bologna. Da quel momento la mia presenza a Reggio diventò sempre più sporadica, per poi azzerarsi quasi completamente dopo la laurea e il mio trasferimento a Milano, come si legge nella Sezione Professionale di questo sito.
Quel ragazzo si chiamava Gianfranco Masini, e io non lo vidi né lo sentii più.
Diversi anni più tardi venni a sapere che aveva fatto una fulgida carriera come direttore d’orchestra, come chiunque può verificare su Internet. Ma poco dopo un altro po’ di tempo, seppi anche che Gianfranco Masini era morto, prematuramente, per una spietata malattia.
Di lui mi resta solo il ricordo, vivissimo, del suo sorriso e della sua amicizia. E anche un regalo che egli aveva voluto farmi quando aveva intorno ai 16 anni: una sua breve composizione pianistica, manoscritta e autografata, intitolata “Malinconia”. La tengo come una cosa preziosa, tutta e solo per me. Qui riproduco soltanto il primo rigo e la data da lui apposta, 7 dicembre 1953.

Questa foto lo ritrae in età adulta, ma l’espressione è sempre quella che aveva da ragazzo.

  3b. Bach, prima di tutti e sopra a tutti 

Non chiedetemi mai “Qual è il musicista più grande di tutti?”. E’ una domanda che non si deve mai fare, perché impone delle scelte che ti strappano il cuore. Però, se proprio mi trovassi costretto a rispondere con un coltello puntato alla gola, credo proprio che risponderei: Bach, il grande Johann Sebastian, il ruscello (in tedesco “bach”) da cui nasce tutta l’acqua del grande fiume della musica venuta dopo. Credo anche che in questa scelta giochi un ruolo fondamentale l’amore per Bach che mi trasmise, fin da piccolo, il mio insegnante, il M° Barbieri: un imprinting che mi è rimasto per tutta la vita. Potrei cercare di spiegare perché, perché lui e non Mozart, o Beethoven o altri. Ma non c’è spiegazione che tenga: è una cosa che senti nel cuore, e basta.
Sarà forse e anche per questa mia Bachmania che qualche anno fa mi sono divertito a scrivere, per la rivista “Ritmo”, questo articoletto.

4. Attività durante e dopo gli studi

 

4.1 Funzioni religiose

Essendo il pronipote del parroco a Masone, e vivendo nell’edificio della Canonica, fui chiamato ben presto- avrò avuto 10 anni…- a suonare l’armonium durante le funzioni religiose. Cominciai accompagnando facili canti popolari, e anche composizioni sacre sempre facili, come la “Messa Piana”. Lo “zio prete” mi dava anche qualche soldino, che mi serviva da paghetta, visto che in casa mio padre non era sempre in grado di darmela.
Poi il servizio divenne via via più complesso: Messe più difficili, con cori a più voci (ricordo quello del M° Giaroli), a volte anche con altri strumenti (archi, soprattutto: con me suonavano spesso dei violinisti che si chiamavano Modini, Ganassi, Gabbi,..), tanti matrimoni (quante marce nuziali di Mendelssohn e di Wagner, quante Ave Marie di Schubert…), non solo più a Masone, ma anche in tante parrocchie della Diocesi (Sesso, Calerno, Campegine, Canali…). I trasporti erano difficili: non c’erano praticamente auto private, e i mezzi pubblici non collegavano certo i paesini fra di loro, così questi servizi in trasferta erano laboriosi, e dovevo andarci in bicicletta. Ricordo ancora tanti viaggi al freddo e magari sotto la neve per le Messe di Natale, con rientro a casa verso le due di notte. Comunque accettavo volentieri tutti questi incarichi, perché ogni volta venivo regolarmente pagato. E spesso ci scappava anche un succulento pranzo alla tavola del parroco e dei suoi ospiti, in occasione di importanti sagre paesane.
Sui miei diari ho segnato 15 “suonate in chiesa” nel 1957, 8 nel ’58, 11 nel ’59 e 2 nel ’60, ma sono certo di averne dimenticate più d’una.
Ho suonato quasi sempre degli armonium: degli organi – e in buono stato – ce n’erano pochi, nelle chiese di campagna. E poi suonare l’organo era difficile (registri, pedaliera…), e richiedeva studi particolari, che non avevo fatto e non facevo.

4.2 Lezioni

Sì, ho dato molte lezioni private, in casa mia. Le chiamo lezioni, ma spesso erano semplicemente degli accompagnamenti che facevo a persone che volevano cantare (musica lirica, più spesso musica leggera). Ho avuto uomini (ricordo il prof. Anglana, mio insegnante di educazione fisica al Liceo, che adorava cantare pezzi lirici) e donne (fra di loro, L. Lodesani, e poi anche una cantante di night club, piuttosto conturbante, che si faceva chiamare Barbara Blen), adulti e ragazzi (es. D. Sacchi).
Per un anno scolastico ho anche avuto l’incarico di insegnare musica al collegio degli Artigianelli, di Reggio Emilia.

4.3 Musica leggera

Beh, oggi si chiamerebbe almeno “pop”, se non in molti altri modi. Di fatto, si trattava spessissimo di canzonette, e solo talvolta di brani “virtuosistici” per pianoforte, di natura classico – leggera (tipo il Concerto di Varsavia di Addinsell, o la “Danza delle spade” di Kachaturian trascritta per piano…). Credo di aver suonato canzonette per la prima volta intorno ai 10 – 11 anni, per una festa parrocchiale a San Maurizio (parroco Don Angelo Bonacini). Emozione e anche applausi, che – sia detto una volta per tutte – mi hanno sempre fatto piacere.
La cosa divenne più frequente col passare degli anni, e sempre all’insaputa del M° Barbieri, che avrebbe sicuramente disapprovato.
Verso i 16 anni, in quarta Liceo Scientifico, misi su un’orchestrina con alcuni colleghi studenti, per lo spettacolo – diciamola rivistina – di fine anno. Allora era diventato consuetudine farlo, partecipando anche ad una specie di competizione fra le varie scuole cittadine, nel locale teatro S. Prospero.
L’orchestrina era composta, oltre che da me, da Roberto Bosisio (fisarmonica), Paolo Lanzoni (altra fisarmonica e occasionalmente chitarra), Umberto Guiducci (batteria) e Paolo Zannoni (contrabbasso). Più tardi venne aggregato come esterno Cisco Poli (sassofono), mio collega studente all'Achille Peri. Il gruppo si chiamava, su suggerimento di P. Zannoni, Complesso Cabernet, dal nome di un vino da noi apprezzato.
Con questo complessino facemmo qualche spettacolo, che registrò anche qualche onore della cronaca – v. articolo qui sotto. Uno di questi spettacoli, che fece diverse serate in provincia, era organizzato e diretto da D. Piombi (sì, quello della TV) e da L. Pini. Fra gli attori e autori di testi spiccava P. Formentini, poi diventato famoso. Per noi dell’orchestrina era anche un’occasione per vedere da vicino alcune fra le “bellissime” della Magistrali di Reggio Emilia (I. Segré, T. Magnavacchi,…), che facevano concorrenza alla "nostra" R.Polito (del nostro Liceo).

Il vero colpo grosso piazzato con il complesso Cabernet fu una stagione (quasi un mese, dal 26 luglio al 19 agosto 1956, cioè un anno dopo la mia maturità), a Malè, in Val di Sole, presso i locali dell’Azienda Autonoma di Cura e Soggiorno. Eravamo in quattro – C. Poli, U. Guiducci, P. Zannoni e io, poiché gli altri non poterono venire. E ci divertimmo un mondo, oltre che percepire una – sia pur modesta – retribuzione e passare un mese di vacanza in Trentino, spesati. Qui ci sono alcune foto che ricordano e testimoniano…

1956. Malé
1956. Malé
1956. Malé
1956. Malé

Dopo quell’ingaggio ebbi modo di suonare ancora, qua e là – ma sempre per spettacoli o serate singole – con i miei amici del complesso originale, amici ai quali talvolta si aggiungevano o più spesso si sostituivano altri elementi.
Di scritture vere e proprie, però, non ce ne furono più fino all’estate successiva, quella del 1957.
all’Hotel Corallo di Marina Romea, in occasione delle sua inaugurazione.


Tornato a Reggio, ripresi gli studi universitari e – in parallelo – le mie prestazioni nel campo della musica leggera, con formazioni varie, talvolta ospitato da qualche orchestrina che traeva vantaggio da un pianista anche occasionale. Gli tornava comodo, in particolare, avere un pianista che sapesse leggere la musica, anche a prima vista, e magari trasportare di tonalità, e magari anche suonare senza spartito, quando c’era come ospite importante qualche “cantante della RAI”.
Fu così che mi capitò di accompagnare, più o meno fra il 1957 e il 1960, molti di questi cantanti famosi, e anche tanti altri meno famosi. Di molti di loro ho conservato foto con dedica (che, da buon provinciale, mi facevo fare). Metterò qui qualche foto, anticipando comunque alcuni dei nomi più importanti:
Nicola Arigliano, Paolo Bacilieri, Nuccia Bongiovanni, Carla Boni, Nella Colombo, Giorgio Consolini, Wilma De Angelis, Jula De Palma, Giustino Durano, Gino Latilla, Corrado Lojacono, Miranda Martino, Vittoria Mongardi, Giuseppe Negroni, Nilla Pizzi, Arturo Testa, Tonina Torrielli, Claudio Villa

Con rammarico non riuscii ad accompagnare né Mina né la reggiana Iva Zanicchi, che allora erano ai loro esordi (Mina come Baby Gate).




 Con Con N. Arigliano e V. Buffoli
 

Ci fu anche un’altra scrittura, per un periodo abbastanza lunga (4 mesi, da ottobre 1958 a gennaio 1959). Si trattò di un servizio di caffè-concerto, che si teneva nella tavernetta dell’Hotel Astoria alla domenica pomeriggio. Con me suonavano dei colleghi dei quali non ricordo nemmeno i nomi, fatti salvi quello della cantante (Adriana) e del violinista (Conti, un grande professionista che si era fatto le ossa a bordo di transatlantici e navi da crociera. Sapeva suonare tutto e di tutto, a memoria, con una sicurezza e una simpatia accattivanti, scendendo spesso fra il pubblico). Il repertorio era un po’ diverso da quello della musica da ballo allora in voga: tanti brani di musica classico-leggera, anche di fine 800-primo 900, a volte anche qualche pezzo classico (es. la Meditation dalla Thais di Massenet, o il mio Concerto di Varsavia), più qualche canzone melodica…Una bella esperienza, comunque. Questa è l’unica foto di allora che mi sia rimasta.

5. L' "Orchestra Amos Ferrari"

Sempre negli anni 1957-1960 suonai molte volte in locali da ballo, in night clubs e in tanti Festival dell’Unità. Sui miei diari di allora (ebbene sì, tenevo un diario, se non altro per il versamento dei contributi sindacali ENPALS), ho registrato almeno 9 esibizioni nel ’57, 21 nel ’58, 36 nel ’59, 26 nel ’60 e 6 nel ’61, fino alla laurea. Senza contare le stagioni a Marina Romea e Castrocaro.
E ho suonato con varie formazioni, più o meno volanti, e varie orchestre e orchestrine: Learco Gianferrari, Trinidad, Guidetti, Mocambo, Pattuglia Gaia, Filmer…). Ma rimasi stabilmente e a lungo, quasi due anni, come componente fisso nella formazione di Amos Ferrari, i cui componenti stabili erano, oltre a me: Amos Ferrari (titolare e fisarmonica), “Peccio” (tromba, purtroppo non ricordo né il nome né il cognome), Cisco Poli (sax e clarinetto), Celso Bagnoli + (batteria) e Oscar Morellini (Cantante). Dunque un quintetto +1, o un sestetto, che chiamare”orchestra” era un po’ pretenzioso….oggi lo chiameremmo complesso, o gruppo…

Questa è una foto fatta con quella formazione

Questa che segue invece è la formazione con la quale noi dell’Orchestra Amos Ferrari facemmo una bella quindicina a Castrocaro Terme, dove eravamo stati preceduti da Secondo Casadei, allora famosissima orchestra romagnola. Come si vede, il batterista non era Celso, bensì M. Di Bella, perché Celso non poteva assentarsi dal lavoro così a lungo. Il periodo fu durante l’estate del 1960. Un’altra esperienza molto divertente e appagante.

1960, Castrocaro Terme


1960, Castrocaro Terme

  5a. Oscar Morellini, miracolo della Rete 

Nel complesso di musica leggera in cui ho suonato più a lungo il cantante era Oscar Morellini. Aveva tutti i requisiti per fare bene quel lavoro: voce, intonazione, memoria, intelligenza, e anche presenza e padronanza di scena. E infatti, continuò a cantare in modo professionale, imparò a suonare un paio di strumenti d’accompagnamento e cominciò a girare il mondo, fermandosi spesso e a lungo in vari paesi stranieri, anche esotici (Germania, Libano, Siria, Iran, Hong Kong, Singapore, Giappone,…).
Però io ne persi completamente traccia, per oltre cinquant’anni.
Non molto tempo fa fui preso dal ghiribizzo di vedere se riuscivo a rintracciare qualcuno di quella mia vecchia orchestrina. Di uno, Celso, purtroppo seppi che era morto tempo fa. Un altro, il mio caro e vecchio amico Cisco, è per il momento indisponibile per motivi di salute.
Di altri due, Amos e “Peccio”, non sono riuscito a trovare traccia. Mi rimaneva lui, Oscar Morellini. Senza sperarci troppo, batto il suo nome sulla barra di Google, e mi esce il link ad alcuni brani musicali cantati in un locale di Tokio da uno col suo nome (col testo in giapponese, ma col titolo – per fortuna – coi caratteri occidentali!). Ci clicco sopra, e – miracolo – ecco che ti rivedo Oscar Morellini che canta, canta canzoni italiane in quel locale. E il miracolo è ancora più grande: lui è uguale a 50 anni fa! Allora provo a mettere un commento, anzi un appello sotto a quel video, mettendoci il mio indirizzo di e-mail. E succede un altro miracolo: Oscar mi risponde, mi risponde dal Giappone – dove ancora vive, ha famiglia e lavora, ancora e sempre come musicista.
Dopo di allora, stabilito un canale di comunicazione, con Oscar non solo ci scriviamo regolarmente, ma ci vediamo e ci parliamo, a lungo e gratis, su Skype. Che bello, e quante cose da raccontarci, cinquant’anni dopo!

6. Un lungo black out (1961 – 1985)

Con il conseguimento della laurea in Chimica Industriale (febbraio 1961) ebbe inizio per me un lungo periodo di inattività in campo musicale. Il tempo mi veniva assorbito prima dal lavoro (lontano da casa, e quindi anche dal pianoforte, e senza necessità di altri guadagni), poi dal servizio militare, e poco dopo anche e soprattutto dalla famiglia. Morale, pur avendo sempre tenuto in casa un pianoforte, praticamente smisi di suonarlo.
Da allora e per molti anni, credo di aver messo le mani sul piano, fuori casa, solo in un paio di occasioni:

1982. Milano. Con O. Dorella

Naturalmente, pur senza suonare, la musica continuò ad entrare abbondantemente in casa mia, ma sempre sotto forma di ascolto. Ascolto concentrato soprattutto sulla musica classica, anche se non si poteva non ascoltare qualche volta la musica pop trasmessa dalla radio o dalla TV. Era il tempo dei Beatles…Poi – un po’ alla volta, indotto dai figli che crescevano e sviluppavano i loro gusti musicali, in linea coi tempi – l’ascolto si estese ancor più sulla musica pop: il rock inglese, i Deep Purple, i Genesis, poi i Pink Floyd, e Alan Parson, ecc…
Mi tornava comodo registrare musica, dai dischi o dalla radio, su musicassetta, per poi ascoltarmela in automobile mentre andavo in ufficio o ne tornavo: potrei quasi fare una conta delle ore di ascolto che ho accumulato in 30 anni, per almeno un’ora, spesso anche una e mezzo, tutti i giorni lavorativi.

7. Rinascita di un amore: il jazz

E ora parlo di jazz. Ho parlato di rinascita di un amore perché il jazz avevo già cominciato ad ascoltarlo e ad amarlo da giovane.
I miei colleghi delle prime orchestrine me lo avevano fatto scoprire facendomi ascoltare i rari dischi che si riusciva a procurare negli anni ’50. Era il periodo della West Coast, e non tardai ad entusiasmarmi di Gerry Mulligan e di Chet Baker, e anche di Dave Brubeck e del Modern Jazz Quartet. Da un mio appunto di quegli anni leggo, in data 31 genn 1957: “preso in prestito alla Biblioteca Popolare l’Antologia del Jazz di Livio Cerri”.
Poi però il mio interesse per il jazz diminuì, anzi quasi scomparve. Come per la classica, per ascoltare jazz erano richiesti silenzio e concentrazione. E per di più il jazz che capitava più spesso di incontrare era quello “moderno”, di avanguardia, se non addirittura il “free”, che proprio non erano di facile e gradevole ascolto, e comunque non assecondavano i miei gusti sviluppatisi in Conservatorio…

L’interesse per il jazz ricomparve, anzi esplose, verso il 1985, grazie a due fatti:

Tutto questo mi avvicinò rapidamente al mondo del jazz dall’interno, offrendomi la possibilità di conoscere personalmente musicisti e giornalisti del settore, oltre naturalmente che di ascoltare molti concerti.

7.1 Europa Radio

Europa Radio Milano, questo era il suo vero nome, era nata alcuni anni prima su iniziativa di Elda Botta + (ex insegnante di lettere, vedova, decisamente benestante e appassionata di musica, specialmente di jazz classico) con il sostegno di Sergio L, che si occupava soprattutto della parte tecnica, sia in studio (registrazioni, consolle, trasmissione, ..) sia all’esterno (antenne e ripetitori).
Operava sulla frequenza di 88,300 MHz , e trasmetteva per 24 ore al giorno. C’erano alcune trasmissioni in diretta dallo studio, ma molto era registrato, sia come programmi veri e propri, sia come compilation su nastri di 90 minuti l’uno (Sergio ne assicurava l’avvicendamento automatico, nel rispetto del palinsesto fissato da Elda).

Europa Radio. Gruppo in studio. A sinistra, Zino e Elda.
Ci dovevo essere anch’io, ma ero a Londra per lavoro.
Europa Rdio. Locandina del 1996. Qui ci sono anch’io

Come ho detto, il mio ingresso in Europa Radio fu graduale, attraverso le sponsorizzazioni che curavo come pubblicitario, sia tramite la partecipazione, di tanto in tanto, a qualche trasmissione in diretta, magari solo per tappare un buco. Fu sufficiente perché Elda si accorgesse della mia passione e competenza in campo musicale, al punto che mi propose di inventare e tenere un programmo tutto mio.
Essendo la mia competenza soprattutto pianistica, concordammo su un programma di musica pianistica. E poiché la radio si concentrava sul jazz, decisi di inserire nel programma musica sia classica sia jazz, addirittura con qualche escursione nella musica "leggera". Proposi alcuni nomi ad Elda, alla quale piacque "Piano contro Piano", che così divenne il nome del programma. E cominciai a registrare le varie puntate, che duravano 90 minuti ciascuna, e che andavano in onda una a settimana, con ripetizione nelle stessa settimana. Naturalmente, dovevo fare un po’ di salti mortali per registrare in orari decenti (servivano lo studio operativo e un addetto alla consolle, che fosse Sergio o il suo vice Gigi P.), senza abbandonare il mio normale lavoro di pubblicitario.
La prima trasmissione andò in onda il 6 ottobre 1988. Riascoltate oggi, le prime trasmissioni risentono della mia inesperienza e anche di una mia certa ingenuità. Però poi il tiro si aggiustò via via.
Nel primo anno di attività andarono in onda 20 puntate. Ma poi la trasmissione venne ripresa, e così ne feci altre 20 puntate un paio di anni dopo.
Non fu questo l’unico mio programma su Europa Radio. Ne seguirono, infatti, altri due, entrambi inventati da me, ma condotti insieme a Zino Cadini, del quale ero nel frattempo diventato amico. Con Zino c’era una splendida intesa, e le registrazioni scorrevano quasi senza intoppi. I due programmi si chiamavano rispettivamente, "Dall’A alla Z" e "Strumenti che passione", duravano un’ora ed erano imperniati sull’alternanza fra pezzi jazz (presentati da Zino) e pezzi classici o leggeri (presentati da me). Il primo dei due si articolò su 40 puntate, il secondo su 20.. Per entrambi la trasmissione venne replicata.

Alla fine di questa Sezione del sito, pubblico un elenco dei contenuti di tutte le puntate delle mie e nostre trasmissioni su Europa Radio.

Europa Radio mi mise in contatto con l’ambiente del jazz. Lo studio era spesso frequentato da musicisti (vi conobbi, ad esempio, Carlo Alberto Rossi, del quale diventai amico). Grazie ad Europa Radio incontrai e intervistai anche tre dei quattro membri del Modern Jazz Quartet, a Bergamo. Elda organizzava spesso, in ristoranti milanesi, delle cene fra gli "amici di Europa Radio". Lo faceva per finanziarsi, ma anche per generare un certo spirito di corpo fra gli ascoltatori. E alle cene di Europa Radio partecipavano persone spesso di rango elevato (dirigenti, professionisti…), il che contribuiva al compiacimento degli altri commensali. Fra i nomi posso citare Luca Formenton, Alberto Tittobello, Virgilio Savona e Lucia Mannucci, Sergio Bonelli, il pittore e poeta Emilio Tadini, lo scrittore Giorgio Soavi, i coniugi Missoni….E poi, durante la cena, c’era sempre – non credo con gran gioia dei musicisti, ad onor del vero - un po’ di musica jazz dal vivo, musica che dopo cena diventava, per alcuni del pubblico, il pretesto per ballare.

  7.1.a. Musicisti pubblicitari 

Ho conosciuto molti musicisti che non campavano solo di musica e con la musica, bensì avevano un’altra attività, un’attività diciamo pure primaria, che dava loro da vivere. Il caso limite può essere stato quello di Enzo Jannacci, che in realtà guadagnava di più con la musica, ma non abbandonò mai la professione di medico. Ecco, ci sono e ci sono stati diversi medici che suonavano uno strumento, da soli (ad esempio il mio grande amico medico Dott. Giuliano Gara, scomparso nel 1999, suonava il piano) o con altri, o almeno erano grandi appassionati di musica. Un’altra professione da cui provenivano musicisti o appassionati che ho conosciuto è quella del bancario. Per fare due nomi, Zino Cadini, che in questo sito nomino più volte, e Enrico De Carli, ottimo pianista jazz.
Ma non è certo da meno la professione di pubblicitario, come miniera di musicisti. Ne ho conosciuto tanti: Roberto Bacciocchi +, Dino Betti Van Der Noot, Bruno Bonsignore, Walter Ganda, Gigi Marson, …( e poi ce n’è uno famoso che non ho conosciuto di persona, e che è imparentato col mondo della pubblicità, Fedele Confalonieri).
Che ci sia un’affinità congenita fra la pubblicità e la musica? Se c’è, allora ha contagiato anche me, e forse segnato il mio destino, chissà…

La mia avventura con Europa Radio si concluse verso il 1995, quando i miei impegni di lavoro divennero troppo pressanti. Ma la stessa radio aveva ormai cominciato a languire: i costi di gestione erano troppo alti, anche per le finanze di Elda. Nemmeno le richieste di aiuto, sotto forma di abbonamenti volontari o di sottoscrizioni, che lei rivolgeva sempre più spesso agli ascoltatori, riuscivano a far quadrare il bilancio. E così Elda e Sergio decisero di chiuderla, e di vendere frequenze e – credo – attrezzature. Si trasferirono poi in una villa (molto bella, mi dicono) in Provenza, da cui non credo tornassero spesso a Milano. Purtroppo Elda si ammalò e morì in breve tempo.
Vedi:

7.2 "Amici Del Jazz" e "Ritmo"

Galeotta fu Europa Radio, poiché mi fece incontrare Zino Cadini, che allora era il direttore della rivista Ritmo. La quale rivista, a sua volta, era l’organo di stampa dell’Associazione Amici del Jazz, abbreviata in ADJ.
L’associazione aveva origini gloriose: era stata fondata, infatti, da G. Madini in tempo di guerra, nel 1944. In tempi cioè in cui il jazz era – per ragioni politiche - un argomento tabù, e i suoi cultori costituivano una specie di carboneria.
Non cercherò di raccontarne la storia, anche perché non la conosco bene. Dirò solo che, nel 1990, quando la conobbi, l’ADJ aveva come presidente Carlo Peroni, mentre – come detto – la rivista Ritmo, vecchia come l’associazione, era diretta da Zino.
Quest’ultimo mi chiese di iscrivermi all’ADJ, e mi offrì una posizione nel comitato di Redazione della rivista. Accettai pur con qualche esitazione. Mi rendevo conto di sedere in un consesso di gente molto esperta, e mi sentivo un po’ intimidito, da buon novellino. Però Zino mi rincuorò e mi diede fiducia. Nel frattempo ascoltavo molto jazz, dal vivo e dai dischi, leggevo, discutevo, insomma mi documentavo. Importante fonte di arricchimento, per me, erano i concerti che l’Associazione organizzava per i suoi soci. I musicisti – la gran parte erano milanesi o lombardi, ma venivano spesso anche ospiti di passaggio – accettavano di suonare gratis o quasi. Il locale era piccolo e il pubblico ristretto, ma competente, e l’esecuzione veniva spesso accompagnata da un’amichevole chiacchierata coi musicisti. E così ebbi modo di conoscere da vicino personaggi come Carlo Bagnoli, Stefano Bagnoli, Franco Cerri, Vittorio Chessa, Enrico De Carli, Bruno De Filippi, Eleonora D'Ettole, Enrico Intra, Marco Ricci, Mario Rusca, Renato Sellani, Luigi Tognoli, Paolo Tomelleri,…

  7.2.a. In ricordo di Bruno De Filippi 

Mi è già capitato più di una volta, purtroppo, di scrivere qualcosa per ricordare un amico scomparso: ad esempio per Marco Vecchia (V. la Sezione Professionale di questo sito), per Zino Cadini, …Uno dei testi che il mio cuore ha "sentito" di più è stato quello in memoria di Bruno De Filippi, nel 2010. Il pezzo era destinato al n° 800 della rivista "Ritmo", numero che non è mai uscito (o almeno non lo è ancora, come dice sorridendo il Direttore Fulvia Serra). E lo voglio – ancora e qui – dedicare a Bruno.

William Ghizzoni ricorda Bruno De Filippi


Suona una nota, mettiamo un Mi bemolle. Poi fai un salto e suona la sua ottava superiore. E poi comincia a scendere lentamente, con qualche piccolo indugio, i gradini della scala maggiore. Tutto qui: una semplice scala discendente. Eppure così hai suonato le note essenziali di una delle più belle canzoni mai scritte. Anzi, la più bella di tutto il ventesimo secolo, secondo il voto di varie istituzioni americane (Associazione Discografici RIAA, Nat. End. For Arts, American Film Institution). La canzone è “Over The Rainbow”, musica composta per il film “Il mago di Oz” (1939) dal grande Harold Arlen. Il testo era di E.Y. Harburg, ed era anch’esso pieno di autentica poesia: “… uccelli azzurri volano nell’arcobaleno…e allora perché non posso farlo anch’io?” (come tradurre “over the rainbow”? Sopra l’arcobaleno? Al di là dell’arcobaleno? A me piace tradurlo “nell’arcobaleno”, come volano gli amorini e i cavallucci alati sulle note della Pastorale di Beethoven in un altro stupendo film, “Fantasia” di W. Disney.). Dopo la prima memorabile interpretazione di Judy Garland, “Over The Rainbow” ne registrò moltissime altre, di cantanti (da F. Sinatra ad A. Franklin) , jazzisti (da B. Powell a K. Jarrett) e orchestre (Mantovani, Chacksfield…). Il catalogo Amazon ne contiene oltre 4000 versioni incise: praticamente impossibile ascoltarle e averle tutte. Io sono riuscito a collezionarne una ventina, e ascolto spesso quelle di Ray Charles, di Eva Cassidy e di H. Nilsson.
Però me ne manca una in particolare. Una che ho nel mio cuore, ma che non ho in disco. Nessuno ce l’ha, se non forse in qualche registrazione privata. E’ quella di Bruno De Filippi, che non ho fatto in tempo ad incidere.
Tre flash della mia memoria.
Primo flash, molti anni fa. Sento in radio un brano dolcissimo, di cui non ricordo il nome. Ricordo però l’interprete: era Bruno De Filippi con la sua armonica. E di colpo questo strumento, che per anni era stato per me solo uno strumentino da fiera paesana o tutt’al più da film western, sale al rango di quelli più nobili, comunque fra quelli che amo e amerò di più.
Secondo flash. Ad un concerto organizzato dagli Amici del Jazz si esibisce Bruno De Filippi (questa volta anche alla chitarra). Io sono in prima fila, estasiato da come suona. Alla fine l’amico Zino Cadini mi presenta a Bruno, che mi regala un suo CD con dedica. Da quella sera instauriamo un rapporto amichevole che durerà nel tempo. Io divento sempre più un suo fan. Tanto che, in un programma con Zino per Europa Radio, a lui che definisce Bruno il “Toots Thielemans” italiano io ribatto che no, è semmai Thielemans che è il Bruno De Filippi belga.
Terzo, e ahimè ultimo flash. E’ ancora un concerto organizzato pochi anni fa da Fulvia Serra per gli Amici del Jazz, al Palazzo dei Giureconsulti a Milano. Suona Bruno, accompagnato all’organo elettronico da Gigi Marson. E nel corso del concerto Bruno suona con l’armonica una versione struggente di “Over The Rainbow”. Alla fine gli chiedo se questo pezzo l’abbia mai inciso. Mi risponde di no, ma che si ripromette di farlo. E quando lo farà, mi assicura, me lo dirà e me ne darà una copia.
Da allora ho visto Bruno ancora un paio di volte, ma non me ne ha più parlato.
Ahimè, non l’ha proprio registrato. Non ha fatto in tempo: se n’è andato qualche settimana fa.
E adesso io sono qui a piangere e rimpiangere un altro amico – mio, del jazz e della musica - che se ne va.
Non ha senso che io stia ad elencare per te, lettore di Ritmo, la straordinaria attività musicale di Bruno nell’arco dei suoi quasi 80 anni di vita. La musicalità innata, la tecnica, la versatilità, la collaborazioni, “I Campioni” e “Tintarella di Luna”, ecc…io credo che tu sappia già tutto. E se sei ancora curioso, basta battere il nome di Bruno De Filippi su Google (o farlo battere da un nipotino compiacente), e trovi tutto quello che cerchi – sul suo sito ufficiale, su Wikipedia, su varie rassegne stampa e siti specializzati.
Quello che lì non è scritto è che Bruno era una persona educata e gentile, un compagno di lavoro amabile e generoso, con cui era impossibile non andare d’accordo. Mi piacerebbe tanto riascoltare il suo ”Over The Rainbow”. Non potendo farlo, vado alla finestra, guardo verso l’alto e mi abbandono ad una fantasia: lassù, nei sette colori dell’arcobaleno – sette come le note musicali - dove già volavano altri Amici del Jazz (Zino, Tito, Carlo, Elda, Attilio, Dario…), oggi riconosco anche la figura di Bruno, che vola sorridente e leggero, in mezzo a tanti blue birds.

Scritto per "Ritmo" in data 8 Febbraio 2010



Menzione particolare merita il compianto Tito Fontana +, che mi invitò spesso ai suoi "concerti privati", nel suo Studio di Corso Venezia (v. riquadro).

Dopo un po’, memore anche dei miei studi di musica classica, accettai, sempre su invito di Zino, di cominciare a scrivere qualcosa per Ritmo.
Fu l’inizio di una serie che poi si allungò nel tempo: dopo il primo articolo, nel 1992, credo di averne scritto almeno un’altra quindicina.
Quelli che ho conservato sono riprodotti qui sotto. Annoto solamente che Zino morì nel 2000.

Ultimo saluto al mio caro, grande amico Zino (da Ritmo, Marzo 2000)

Nel frattempo la direzione della rivista era passata nelle mani di Fulvia Serra, con la quale continuai a restare nel Comitato di Redazione e a scrivere, sia pure più sporadicamente.
Anche a Fulvia mi lega un rapporto di amicizia, basata fin da subito su stima e simpatia – spero e credo - reciproche.

L’ADJ e Ritmo, a tutt’oggi (2012), sono ancora ufficialmente vivi, ma ormai inattivi da molto tempo. Non è questa la sede per discuterne le ragioni.

  7.2.b. Musica e parole: sono un integralista?    

Non c’è dubbio che la musica sia stata da sempre legata alla parola: è molto probabile che il canto sia nato ancora prima del suono di uno strumento primordiale. E naturalmente il canto è quasi sempre stato la fusione di un testo con una musica (lo jodel, il vocalizzo e lo scat sono da considerare eccezioni, comunque nate molto più tardi).
La mia mente, però, tende per sua natura – o forse per tipo di educazione – a non dare uguale peso alla musica e alle parole, quando si trova di fronte ad una loro combinazione. Tende invece a dare molto più peso alla musica, a considerare le parole semplicemente come un suono, un suono come gli altri, indipendentemente dal loro significato testuale. Alle parole, in genere, non do ascolto né interesse né attenzione. Questo mi consente, ad esempio, di apprezzare in pieno una canzone brasiliana, o anche francese o russa, anche se non capisco il significato delle sue parole. E anche per una canzone in inglese, per quanto l’inglese io lo conosca abbastanza bene, non presto quasi mai attenzione al testo.
Questa mia disattenzione si applica a quasi tutti i generi musicali: opere liriche, lieder, musica pop…E sono anche molto diffidente nei confronti della combinazione “musica-poesia”: qui però, se la poesia è bella, finisco per ascoltare solo lei, relegando la musica al ruolo di sottofondo.
Ovviamente c’è qualche eccezione, le eccezioni ci sono sempre. Ma rappresentano spesso casi isolati, difficilmente riconducibili ad una tipologia. Cito, come esempi in cui mi riesce più facile bilanciare l’ascolto di musica e parole, qualche canzone francese (in particolare Aznavour, Brel, la Piaf…), e anche qualche canzone italiana. Anzi, qui mi posso spingere qualche raggruppamento: canzoni napoletane, cori alpini, De Andrè, Tenco, un po’ di Gaber, di Jannacci, di Dalla…
Mi sono chiesto da dove provenga questa mia tendenza a privilegiare la musica sul testo. Forse, mi sono detto leggermente preoccupato, da una certa mia inelasticità mentale? Ma poi mi sono risposto che forse no. Diverse volte, nella vita, ho affrontato con risultati almeno soddisfacenti situazioni, compiti e ruoli che richiedevano di giocare “con molte palle insieme”, un po’ come un giocoliere: studi e interessi coltivati contemporaneamente, ruolo di BCO (Battery Command Officer) durante il servizio militare, lavoro di Account Management per una trentina d’anni in pubblicità…no, non dovrebbe essere questa, la causa.
Forse sono semplicemente un integralista della musica…

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8. Miei articoli e recensioni

Quelle che seguono sono riproduzioni di alcuni articoli da me scritti per la stampa specializzata (soprattutto per “Ritmo”).
Vi compaiono anche alcune pagine dal programma di sala di un concerto al Teatro della Scala, che ebbi l’onore (beh, sì, non capita a tutti e tutti i giorni…) di scrivere per una parte del programma.

 
 

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  8a. Il cenacolo di Tito Fontana 

Negli articoli che ho scritto per Ritmo ce ne sono un paio dedicati a Tito Fontana. Se li meritava, perché era un personaggio straordinario. E li scrivevo volentieri, perché mi onorava della sua amicizia.
Tito era decisamente benestante. Era stato un imprenditore (Valigie Valextra), e aveva devoluto buona parte dei suoi redditi all’arte, in particolare alla musica. Lui stesso era musicista: suonava il piano e componeva. Però era anche poeta, e scriveva versi bellissimi.
In Corso Venezia aveva fondato una casa discografica, con uno studio di registrazione che era un gioiellino.. E aveva pubblicato molti dischi di jazz.
C’eravamo incontrati e conosciuti, guarda caso, sia a Europa Radio, sia all’ADJ. E lui mi aveva invitato ad andare ad uno dei suoi incontri fra amici musicisti del martedì sera, nello studio di Corso Venezia.
E così si aprì un’altra serie di incontri felicissimi, dal punto di vista artistico e da quello umano.
Il suo cenacolo era frequentato da musicisti di primo livello: Dado Moroni, Renato Sellani, Bruno Lauzi,…..Salivano sul piccolo palco, suonavano qualche pezzo, poi scendevano e sedevano fra il ristrettissimo pubblico. E alla fin e c’era un piccolo buffet, chiacchierando amabilmente fra di noi.

  8b. Giuseppe Barazzetta 

Tra tutte le persone che ho conosciuto nel campo del jazz, ho trovato molto stimolante la figura di Giuseppe Barazzetta, grande giornalista di jazz. E un giorno, in occasione del lancio del suo libro Autobiografico “Una vita in 4/4”, di cui lui stesso mi aveva regalato una copia, gli scrissi questa lettera, che egli stesso volle considerare lettera aperta.


Ciao Giuseppe,
o forse dovrei chiamarti Joe, o forse Pip…? Hai tanti nomi… Visto comunque che il tuo recente libro autobiografico lo firmi “Giuseppe Barazzetta”, vuol dire che il nome Giuseppe almeno non lo rinneghi, perciò lo userò anch’io.
Questo mio messaggio è proprio riferito al libro in questione, di cui mi hai gentilmente dato copia un mesetto fa, e che finalmente sono riuscito a leggere. Con ritardo, quindi, ma per colpa mia e dei miei impegni, per carità. Perchè il libro è davvero interessante, e si leggerebbe anche d’un fiato. Ma ho preferito non fare esecizio di speed reading, e leggerlo invece con attenzione.
Torniamo al tuo libro e ai miei pensieri in proposito. Pensieri che potrei riassumere così: bene, molto bene, bravo!
Per dire qualcosa di più, divido le mie reazioni in due parti, una molto piccola, l’altra molto grande.
Quella piccola consiste – lo devo confessare - in un pizzico d’invidia, per quanto hai potuto fare.
Quella grande, molto più grande, è invece fatta di ammirazione, per quello che hai voluto e saputo fare. Hai avuto, e ancora stai avendo, una vita lunga e piena, sia per quantità che per qualità di eventi, esperienze, successi. Anzi, sembra proprio che tu abbia avuto parecchie vite…(sarà per questo che hai anche tanti nomi?).
Quindi hai avuto non solo una vita in quattro quarti, come dice felicemente il titolo, ma anche in 3/4 (B.Evans?), in 5/4 e 7/4 (D.Brubeck?) e poi in 3/8 e 6/8 e 9/8…perdona la divagazione musicale, torniamo alle tue vite.
La famiglia, innanzitutto; poi la banca e il lavoro “per la pagnotta”; le lingue; l’amore e l’interesse per tante arti; soprattutto la musica, nei suoi vari e vastissimi campi e generi…(pensando al jazz e a Umbria Jazz mi verrebbe la battuta “per il Pagnotta”…).
Nel libro ti togli, con estrema eleganza e discrezione, anche qualche sassolino dalla scarpa. Ma da esso traspare soprattutto, e ampiamente, la ricchezza di un’altra tua vita, quella interiore. Che si manifesta sia in una cultura straordinaria, sia in una grandissima disposizione verso l’apertura mentale e la tolleranza, verso l’amore per gli altri, e verso l’amicizia, che tu consideri evidentemente un sentimento principe.
Mi dispiace solo di averti conosciuto tardi, soltanto pochi anni fa.
La mia vita mi aveva permesso di sfiorare, se non la tua persona, almeno il tuo nome, un paio di volte. Nei primi anni ’80, quando acquistai in edicola – per leggermela e ascoltarmela tutta, con religiosa attenzione - l’intera collezione dei “Maestri del Jazz”, di cui eri il coordinatore redazionale. E poi, un po’ per caso, parlando col mio vecchio e fraterno amico dott. Gianni Giroldi di Ravenna, che ho scoperto essere stato per molto tempo in contatto con tuo fratello (il quale gli parlava anche di te…).
Fisicamente, dicevo, ti ho incontrato solo qualche anno fa, grazie a Ritmo e agli “Amici del Jazz” ( e alla comune amica Fulvia, che fa molto bene da “proprietà transitiva”). E abbiamo avuto solo qualche incontro, breve e “pubblico”, senza mai prendere nemmeno un caffè noi due da soli. Però è stato sufficiente per sviluppare da parte mia forti sentimenti di rispetto, stima e simpatia nei tuoi confronti. E anche se un paio di volte mi hai chiamato “Walter” (ma lo dico con estrema bonarietà, strizzandoti un occhio, mi credi, vero?), mi sento felice e onorato di essere anch’io, almeno un pochino, tuo amico.
Ti ho scritto quello che mi è uscito dal cuore.
Spero di rivederti presto.

William Ghizzoni

  8c. Il tempo che passa è come la neve sul villaggio 

Si tratta solo di una mia allegoria, che però credo renda bene la mia idea.
Perché la musica, anzi la bella musica, resiste al tempo? Perché ascoltiamo ancora con grande piacere brani scritti magari 300 o più anni fa?
La risposta sembra ovvia: proprio perché è bella musica, sono brani belli. Ma nell’ovvietà spunta un modo per valutare la bellezza, che – come si sa – è qualità del tutto soggettiva. Possiamo, con un criterio un po’ empirico ma anche con buona approssimazione, dire che la musica che resiste nel tempo è musica bella, quasi come dire che la musica bella è quella che resiste nel tempo. Un giudizio differito, in sostanza.
La mia allegoria è questa: il tempo che passa è come la neve che cade su un villaggio e piano piano seppellisce tutto e livella tutto. Tutto tranne il campanile, la costruzione più alta del villaggio. Ecco, la musica bella è come il campanile: la si continua a distinguere e apprezzare perché la sua qualità è più alta di tutte le altre musiche.

  8d. Perché preferisco i tempi lenti, nella musica. 

Sì, alla faccia di Celentano, per il quale le cose negative sono “lente”, mentre quelle positive sono “rock”. Celentano non mi è mai piaciuto molto, a parlare (escludo naturalmente il comporre e il cantare). Ma stavolta dice una cosa più scema che mai.
La musica lenta può essere molto bella, e gli esempi sono innumerevoli. Di fatto, almeno statisticamente, per me è meglio di quella veloce (anche se, va detto subito, i tempi veloci si prestano meglio ad apprezzare le qualità tecniche, il virtuosismo dell’esecutore).
Se devo spiegare il perché, ricorrerò ad un’altra allegoria. Ascoltare musica è come viaggiare in treno e guardare il paesaggio. Se il treno corre veloce, si vedrà poco e tutto di corsa, tutto male. Se invece il treno è un trenino che va piano, come quello del Bernina, allora sì che diventa possibile apprezzare e gustare tutte le sfumature del paesaggio.
Poi c’entrerà anche il temperamento personale: se ti piace la velocità, ti piacerà ad andare in auto, a mangiare, a leggere, forse anche a lavorare…
E se ami la musica lenta, forse sarai lento anche a fare altre cose. Ma sarai in buona compagnia. Ad esempio coi proverbi (“presto e bene van di rado insieme”), con la scienza dell’alimentazione, che suggerisce di mangiare lentamente (“prima digestio fit in ore”), con il movimento “SLOW” (Slowfood, …), …..
Comunque, i gusti non si discutono. E io continuerò a dare voto 10 preferibilmente a brani come gli Adagi di Bach, di Mozart, di Beethoven, di Mahler, o a brani lenti di Duke Ellington, di Bill Evans, di Ray Bryant, di Sarah e di Ella e di Barbra e di Mina, e ancora di Morricone, di Vangelis, di Mancini, di Legrand……

9. Nomi, nomi, nomi

Come ho già fatto per la Sezione Professionale di questo sito, riporterò qui i nomi (cioè cognomi con l’iniziale del nome…) di persone che ricordo di aver conosciuto grazie alla mia attività in campo musicale. Naturalmente ne avrò dimenticato chissà quanti….

A

Arigliano, Nicola +; Alberti, Alfonso

B

Bacciocchi, M.; Bagnoli, Carlo; Bagnoli, Stefano; Balocco, R.; Balzaretti, C.; Barazzetta, G.; Baroni, G.; Barozzi, G.C.; Beltrami, A.; Beneggi, E.; Beretta, Dario+; Berini, Antonio; Betti Van Der Noot, D.; Bocedi, O.; Bombana, L.; Boesso, G.F.; Boni, G; Bonsignore, B.; Borgazzi, I,; Bosoni, A.; Botta, Elda+; Burani, I.

C

Cadini, Zino +; Carcupino, F.; Caroli, A.; Cerri, Franco; Caliceti, Don Dante + (parroco di S. Zenone, RE); Castelli, V.; Chessa, V.; Conte, G.; Coscia, G.; Cravedi, G.; D) De Carli, E.; De Filippi, Bruno +; De Filippi, Franca; Del Rio, Augusto +; Del Rio , L.; De Palma, J.; D’Ettole, Eleonora

E

 

F

Fagioli, V.; Failla, E.; Fedele, L; Ferdico, G.; Focaccia, A.; Ferrari, Amos; Fontana, Tito +

G

Gambarè, Nini+; Ganassi, ?; Ganda, W.; Ghislandi, D.; Gianco, Ricky; Giannattasio, M.; Giaroli, G.; Ginocchio, sig.; Giovannetti, E.; Giugni, A.; Gorni, Kramer; Gorni, L.; Gorni, T; Gotti, M.L.; Gualdi, Hengel; Gualdi, G.; Guastalla, M° +; Guglielmino, M.T.; Guicciardi, L.

H

Habicht, M.

I

Intra, Enrico

J

 

K

Kwiatowski, A.

L

La Bionda, C.; La Bionda, M.; Lago, M.; Leotta, S.

M

Magni, A.; Magni, G.; Manusardi, Daniela; Manusardi, Guido; Margini, P.; Marson, G.; Martini, G.; Martino, R.; Masini, Gianfranco + ; Maturi, sigg.; Mazzoletti, G.; Mescoli, G.; Mimidian, dr.+; Misselvia, ; Modini, sig.; Monti Arduini, F.; Muzi falconi, T.

N

Nutini, E.

O

Oleari, Don Alfredo +

P

Paffumi, S.; Pagnotta, C.; Palumbo, Sante; Panzuti, Dante+; Panzuti, A.; Pasquali, L.; Patania, L.; Peretti, D.; Peroni, Carlo+; Peruffo, P.; Piras, M.; Poggi, Cesare; Poli, Cisco; Posio, C.; Pospi, L.; Prodi, F.; Prodi, Q.

Q

Quarantotto, G.

R

Radice, T.; Ratti, Marco + ;Redondi, M°; Repetto, L.; Ricci, Marco; Ricci, Tullio; Ricordi, F.; Rinciari, R.; Roncoroni, F.; Rossi, Carlo Alberto +; Rota, Attilio +; tota, G.; Rusca, Mario

S

Santucci, G.; Sbrissa, C.; Scaravelli, S.; Schwamenthal, R.; Sellani, R.; Serra, F.

T

Terzi, Marisa; Tognini, A.; Tognoli, Luigi

U

 

V

Vaglieri, P.; Varini, V.; Veneziani, S.; Venturelli, Paola +; Verdelli, W.; Veschi, S.; Vian, W.

X

 

Y

 

W

Wachter, Leo +; Wachter, Susanna +; Way, W.; Weaver, W.

Z

Zannoni, P.

10. Altri documenti/Appendici (Elenchi, testi, video, audio,…)

 

10.1 Gli "elementi" della musica. Prima parte

Nell’articolo che segue, scritto per Ritmo, parlo dell’importanza del ritmo a confronto con le altre caratteristiche (o elementi) della musica. Nell’articolo scrivo che melodia e armonia sono le due più importanti, a mio parere. Ma l’argomento è troppo complesso e ghiotto per liquidarlo con questo mio vecchio articoletto, scritto per di più in un’ottica particolare, quella della rivista alla quale era destinato.
Mi riservo quindi do tornarci sopra con una “Seconda parte”

Io, “Ritmo” e il ritmo (scritto per la rivista “Ritmo”, Nov. 2006)

Conosco questa rivista da una quindicina d’anni. Non sono molti: credo che parecchi lettori abbiano un’anzianità di lettura ben superiore, e certamente io sono anche uno dei collaboratori più recenti, pur non essendo proprio giovane.
Dunque non mi sento adatto a parlare della lunga, lunghissima storia di Ritmo.
Però posso esprimere qualche pensiero in libertà sulla rivista e su quello che essa ha rappresentato e rappresenta per me.
Me ne mise in mano una copia, appunto alcuni anni fa, il direttore di allora, che nel frattempo – complice Europa Radio – era diventato per me un caro, carissimo amico, Zino Cadini. Non mi disse molto altro, giusto qualcosa tipo “Questa è la rivista che io dirigo, organo dell’ADJ. Dalle un’occhiata e dimmi cosa ne pensi. Se ti piace, puoi naturalmente abbonarti, ma puoi anche scrivere un testo e mandarmelo: se piacerà a me, te lo pubblicherò volentieri”. Fu cosi’ che diventai, un po’ alla volta, collaboratore di Ritmo, e anzi fui poi cooptato nel suo Comitato di Redazione.
Zino, che purtroppo è volato in cielo troppo presto, era davvero un caro amico, e mi interpellava spesso sulle cose più importanti che riguardavano la rivista. Una delle più importanti fu l’ingresso di un vice direttore che avesse una competenza tecnico-editoriale che a Zino mancava, lui lo diceva per primo. E fui lieto di appoggiare, convinto di fare la cosa giusta, la candidatura di Fulvia Serra per quella posizione. Poi si sa come sono andate le cose: Zino non c’era più, e la cosa più logica e meritata era che Fulvia prendesse la direzione della rivista.
Tornando ai miei primi contatti con Ritmo, devo dire una cosa che un pochino mi imbarazza: non riuscivo a trovare piena sintonia fra il nome della rivista e la mia personale attitudine nei confronti della musica, jazz ma non solo. Devo spiegarmi meglio.
Da sempre, quando ascolto un brano musicale, gli dò un giudizio, che comprende sia la composizione, sia l’esecuzione, sia magari anche la registrazione: buono, così così, pessimo, eccellente, mi piace, non mi piace per niente….Credo che tutti, più o meno, facciano così.
In questo modo, in tanti anni, mi sono costruito un “repertorio” di musica che mi piace, da abbastanza a molto o moltissimo. E più di una volta mi sono chiesto – e spesso ancora mi chiedo: che cos’è che fa sì che una musica mi piaccia? quali sono le caratteristiche che accomunano le mie musiche preferite? Insomma, ho sempre cercato – e ancora cerco – se non le chiavi della felicità, almeno le chiavi della bellezza, le linee guida del mio credo estetico in campo musicale.
Era logico andare a cercarle fra quelle che gli studiosi della musica chiamano i suoi “elementi costitutivi”, che molti testi di teoria musicale identificano in queste sei voci: melodia, armonia, timbro, ritmo, forma e dinamica. Aaron Copland si ferma addirittura ai primi quattro. Però io mi sento molto più insicuro, e preferisco aggiungerne altri due, e cioè la velocità e la modalità (maggiore o minore, per intenderci e per limitarci a quelle principali). Magari velocità e modalità sono già comprese nell’elenco primario dei sei elementi, ma non tutti i testi danno le stesse descrizioni per le singole voci, così, ripeto, preferisco mettermi al sicuro e dare un “voto d’importanza” a 8 elementi quando compilo la pagella di quel brano.
Bene, se vado a cercare quale sia l’elemento costitutivo che più accomuna le musiche che mi piacciono, la risposta è veramente difficile. Perché, naturalmente, tutti gli elementi sono importanti.
Se posso fare un parallelo gastronomico, pensiamo ad un piatto un po’ complesso, con diversi ingredienti, mettiamo i tortelli di zucca alla mantovana. Potrebbe, un buon piatto di questi tortelli, fare a meno della zucca, o della mostarda, o degli amaretti, o del formaggio? Naturalmente no: tutti e ciascuno sono importanti.
Però, tornando alla musica in genere, se proprio fossi costretto a scegliere come più importante uno degli elementi costitutivi, non sceglierei il ritmo. Non è che io vada fiero di questa mia inclinazione, sia chiaro. Anzi, so che ci sono molte persone musicalmente dotate (una, ad esempio, la conosco bene, è mio figlio) per le quali il ritmo è più importante che per me. E mi mette un po’ a disagio leggere, sui trattati di filosofia della musica, che il ritmo è molto importante, perché è dato dal primo suono che un bambino avverte ancora prima di venire al mondo – il battito del cuore della madre. E poi perché tutta la vita è ritmo: appunto i battiti del cuore, ma anche la respirazione, e poi il ritmo giorno-notte, e quello delle stagioni, e delle maree…
Ora, sia chiaro che non sono affatto insensibile al fascino del ritmo in musica. Ne faccia fede il fatto che nel mio repertorio preferito sono inclusi brani che vanno dai valzer di Strauss e di Ciaikowski alle pagine spagnole di Albeniz e Granados, dall Scherzo della Nona di Beethoven alla Danza delle sciabole di Khachaturian, dai brani del complesso giapponese Kodò a molte musiche brasiliane o cubane…tutti tipi di musica in cui il ritmo è componente essenziale, se non addirittura principale.
Resta però il fatto che, lo ripeterò, ho difficoltà a ritenere che per me – e sottolineo per me – il ritmo sia l’elemento più importante. Quale sia, peraltro, non lo so bene: forse più spesso la melodia, o l’armonia, ma non il ritmo. Se qualcuno vuole la prova del nove, eccola: le musiche a base di solo ritmo monotono e ossessivo mi annoiano (es. la disco music) o addirittura mi irritano (la techno e il rap). Ecco perché dicevo dianzi che non c’è piena corrispondenza fra il nome di una rivista che si chiama “Ritmo” e le mie preferenze musicali.
Mi sono anche e addirittura chiesto se, limitandoci al jazz, vi sia piena corrispondenza fra il jazz tout court e il ritmo considerato come suo elemento costitutivo primario. Non mi azzardo a dare una risposta, anche perché io tendo a considerare come rappresentativo del jazz quello che del jazz piace a me – che ovviamente è diverso da quello che piace ad altri. Lascio perciò che ciascuno risponda a modo suo.
Comunque io, personalmente, nutro seri dubbi. Molte composizioni di Duke Ellington sono a base di splendide melodie, mentre il ritmo vi conta molto meno. Parecchi brani di Bill Evans sono costruiti su armonie finissime, mentre il ritmo è appena uno strumento di coesione con i suoi partners, non certo il protagonista. E certi assolo di Bruno De Filippi ti struggono più facilmente per il timbro della sua armonica che per il loro ritmo. E così via.
Non mi sembra difficile, comunque, capire perché Gianfranco Madini e suoi amici, nel lontano 1944, abbiano scelto un nome come questo per la loro rivista. Il jazz, in Italia, era stato clandestino o quasi per molti anni. Quello che più si conosceva e che più piaceva erano probabilmente il New Orleans o il Dixieland, o forse il ragtime o lo stride pianistici, o forse ancora lo swing degli anni ’30: tutti stili in cui il ritmo, qui lo possiamo ammettere, era più importante che non le melodie, le armonie e il timbro. Comunque la componente africana della sua origine era fortemente suggestiva. E poi bisognava anche trovargli un contronome (un soprannome? un nome d’arte?) italiano, a questo modo di fare musica che per motivi politici non si poteva chiamare jazz. E allora chiamiamolo Ritmo, si saranno detti, così lo distinguiamo dalle melodie di Carlo Buti e dalle armoniette del Trio Lescano. Del resto, non c’è già qualcuno che chiama “orchestre ritmosinfoniche” quelle che in America chiamano Big Bands?
Dunque il nome di Ritmo è un peccato di gioventù, magari un po’ obbligato? Chissà, forse sì.
Di sicuro oggi, se uno dovesse lanciare una nuova rivista di jazz, mi sembra molto poco probabile che la battezzerebbe Ritmo.
Noi però così l’abbiamo ereditata, e così ce la teniamo. Di natura un po’ demodée, magari, ma sicuramente di origini nobili, se non vogliamo dire aristocratiche: i fondatori dell’ADJ non erano solo musicofili, bensì spesso anche musicisti. Una rivista cambiata nel tempo quel tanto che è stato richiesto dall’evoluzione della tecnologia, del gusto estetico, delle regole del mercato. Ma con un imprinting di candore, di spontaneità, di amore – sviscerato, fazioso, campanilistico, delirante….amore vero! – di cui non abbiamo alcun motivo di vergognarci.
Facciamoci invece un sorriso sopra, e divertiamoci, un po’ alla Paolo Conte un po’ alla Renzo Arbore: vai col Ritmo!. Conte? Arbore? Lo so, alcuni duri e puri qui storceranno il naso, ma ragazzi, perché poi Ritmo dovrebbe preoccuparsi tanto di voi se voi non correte in massa a comprarlo, se non vi fate sentire, se non ne fate la palestra delle vostre opinioni?
E poi, non è che per caso i veri duri e puri siamo noi, che ancora ci commuoviamo ad ascoltare – per la centotrentaduesima volta – West End Blues di Armstrong?

William Ghizzoni, 7 nov. 2006

Tutta la musica, di ogni genere

Sulla mia pagina di Facebook, laddove si chiedono le preferenze in campo musicale, ho scritto “di qualsiasi genere, purché sia buona musica”. Ed è, naturalmente, quello che penso.
Qui però facciamo due pensierini. Cominciamo dalla seconda parte, “purché sia buona musica”. E’ chiaro che la “bontà” (o livello qualitativo) di una musica è il risultato di una valutazione soggettiva: quello che è buona musica per te può essere musica insopportabile per me, e viceversa. Ma la domanda – quale musica preferisci? – comporta, automaticamente, una risposta soggettiva, perciò mi sento a posto con la coscienza.
Detto questo, mi resta una domandina. Se è vero che la competenza maturata in anni di studio conta qualcosa in ogni disciplina (scienze, arti, tecnica…), quella maturata in anni di studio, di letture e di ascolto nel campo della musica non conta proprio niente?
E se la risposta è sì, posso sperare che il mio parere (mio e di tutti gli altri come me, si capisce) sia un pizzichino più qualificato di quello del ragazzotto che si stordisce in discoteca, e che di musica conosce e ovviamente ama e preferisce solo quella? Dopo di che, io non riuscirò certo a convincerlo che Mozart è meglio di Fabri Fibra, né lui a convincere me del contrario. Io non pretenderò di essere meglio di nessuno, di contare di più di nessuno E resteremo pari, uno a uno. Se poi mi chiedi, per curiosità, qualche esempio di musica per me “buona”, di musica che mi piace, allora ti porterò certo degli esempi, molti esempi, anzi moltissimi esempi.. Di musica di qualsiasi genere e tipo.
E qui viene il secondo pensierino. Sì, perché davvero ci può essere buona musica – sempre col metro e col gusto personale menzionato sopra – in qualunque parte del tempo e dello spazio, nella storia e nella geografia. Ovviamente bisogna andare a cercarla, curiosando in continuazione. Dopo di che ti convinci che è davvero un peccato perdere il piacere di ascoltare e gustare musiche che nemmeno ti aspettavi che esistessero, belle e buone indipendentemente dal genere, direi a volte nonostante il genere…Questo allargamento di orizzonti ti consente, infatti, di sottrarti al pericolo della monotonia, della noia, regalandoti invece lo straordinario piacere della varietà, il vero sale della vita.
A proposito, ma quali e quanti sono i generi di musica esistenti? Questa sì che è una bella domanda.
Potrei rispondere: un’infinità, e dei tipi più svariati. In fondo, anche qui la risposta è molto soggettiva. Ne vogliamo una prova? Quelli pre-codificati da iTunes, mi pare, sono una ventina. Ma su Wikipedia.org sono molti, molti di più: vicino a 340!. E si potrebbe continuare: ognuno si fa l’elenco che gli serve meglio.
Così anch’io mi sono fatto il mio, dopo anni di prove. Oggi come oggi – e magari domani potrei già cambiarlo – il mio elenco è questo:

MUSICA: UNA POSSIBILE CLASSIFICAZIONE

Genere

Tipi (sottogeneri)

CLASSICA

  1. Sinfonica

  2. Cameristica

  3. Lirica

  4. Sacra

  5. (Altro: antica, con strumenti d’epoca, …)

LEGGERA (POP + CLASSICO LEGGERA)

  1. Romanza

  2. Musical

  3. Film

  4. Pop / Song

  5. Soul/Rhythm & Blues

  6. Rock

  7. New Age

  8. Sudamericana

  9. Regionale

  10. Folk

  11. Banda (militare /popolare)

  12. (Altro)

JAZZ

  1. Spiritual

  2. Gospel

  3. Blues

  4. Ragtime

  5. New Orleans

  6. Dixieland

  7. Chicago

  8. Boogie Woogie

  9. Stride

  10. Swing

  11. Be Bop

  12. Cool

  13. Californiano / West Coast

  14. Hard Bop

  15. Free

  16. Fusion

  17. Mainstream

  18. Latin

  19. (Altro)

N.B. Non dimenticare le “zone di confine”

Zona D:

Classica-Jazz, ad es. J. Loussier;

Zona E:

Jazz-Leggera, ad es. molti brani di Ella Fitzgerald;

Zona F:

Classica-Leggera, v. anche Zona B sopra;

Zona G:

Tutte e 3, qual è il caso, forse più unico che raro, di G.Gershwin.

Altri criteri (supplementari) di classificazione:

  1. Carattere o periodo storico / Stile

  2. Carattere geografico

  3. Protagonista sonoro (voci, strumenti,…)

  4. Elemento dominante (timbro, ritmo, melodia, dinamica, armonia, forma)

  5. Ritmo (suddivisione battuta)

  6. Tempo (velocità)

10.3 Bibliografia, biblioteca e meloteca

A. Bibliografia

Questi sono libri sulla musica che ho letto (salvo i Dizionari e le Enciclopedie, che ho soltanto consultato). Alcuni li ho letti molti anni fa, ma tutti hanno contribuito a formare le mie conoscenze e le mie opinioni in campo musicale. Sicuramente ne ho letto anche altri, ma quelli qui sotto elencati li conservo ancora.

1.

T. Ferrari, G. Bramati.

Come ascoltare e capire la musica classica.

Ed. BUR 1988

2.

Anthony Hopkins.

Understanding music.

J.M. Dent, London, 1993

3.

D. Schoen, L. Akiva-Kabiri, T. Vecchi.

Psicologia della musica.

Carocci Editore, 2012

4.

A. Frova.

Armonia celeste e dodecafonia.

Ed. BUR, 2006

5.

P. Righini.

L’acustica per il musicista.

Ed. G. Zanibon, 1978

6.

C. Casini.

L’arte di ascoltare la musica.

Ed. Rusconi, 1991

7.

P. Gammond.

Musica. I Bluff,

Oscar Mondadori, 1985

8.

R. Vlad.

Capire la musica e le sue forme.

Ed. Giunti 1989

9.

A. Copland.

Come ascoltare la musica.

Garzanti, 2001

10.

G. Montecchi.

Una storia della musica.

BUR, 1998

11.

M. Mila.

Breve storia della musica.

Einaudi, 1993

12.

E. Napoli, M. Ravasini.

Musica: una storia a 33 giri.

Oscar Mondadori, 1990

13.

N. Ardley.

Music.

Eyewitness Guides, Dorling Kindersley, London,1989

14.

C. Delfrati.

Trio, Corso di educazione musicale (3 voll.).

Ed. Principato, 1998

15.

P. Mioli.

Manuale del melodramma.

BUR, 1993

16.

L. Kentner.

Il pianoforte.

F. Muzzio Ed.1990

17.

D. Hildebrandt.

Il romanzo del pianoforte.

Sugar, 1985

18.

P. Rattalino.

Pianisti e fortisti.

Ed. Ricordi-Giunti, 1990

19.

P. Rattalino.

Storia del pianoforte.

Il Saggiatore, Mondadori 1988

20.

P. Rattalino.

Grand piano.

Symphonia-Ermitage, 199y

21.

A. Casella.

Il pianoforte.

Ricordi, 1987

22.

A. Bassi.

Il pianoforte dietro le quinte.

Ed La Milanese, 1986

23.

G.A. Alink.

International Piano Competitions.

Ed. Alink, 1990

24.

C.M. Schmidt.

Brahms.

EDT, 1983

25.

C. Headington.

J.S. Bach.

Compact Companions, 1993

26.

A Piovano.

Invito all’ascolto di Ravel.

Mursia, 1995

27.

M. Beghelli.

Invito all’ascolto di Chopin.

Mursia, 1989

28.

Panorama.

Le grandi emozioni in musica: Mozart, Beethoven, Vivaldi.

1994

29.

N.A. Mozart.

Paralleli

Ed. Domus

30.

S. Catucci.

Bach e il Barocco musicale.

Ed. DoGi, Firenze, 1997

31.

P. Melograni.

WAM – La vita e il tempo di W.A. Mozart.

Ed. Laterza, 2003

32.

G. Pugnetti.

I grandi di tutti i tempi: Beethoven.

Mondadori 1976

33.

P.Rattalino.

Gli strumenti musicali.

Ricordi, 1986

34.

A. Blackwood.

A First Guide To The Orchestra.

Oxford Press, 1989

35.

A. Hopkins.

Sounds of the Orchestra.

J.M. Dent, London, 1993

36.

R. Ainsley.

Inside the Orchestra.

Future Books, 1994

37.

Burton W. Peretti.

Jazz in American Culture.

Ivan R. Dee, Chicago, 1997

38.

M. Mezzrow, B. Wolfe.

Ecco i blues.

Ed. Longanesi, 1956

39.

J.E.Berendt.

Il nuovo libro del jazz.

Ed. Vallardi, 1986

40.

F. Fayenz.

Jazz domani.

Ed. Einaudi, 1990

41.

G. Schuller.

Il jazz classico.

Arnoldo Mondadori Editore, 1979

42.

A. Lodetti.

Alle radici del jazz.

Gammalibri, Kaos Ed. 1990

43.

G. Michelone.

Il Jazz-Film

Ed. Pendragon, 1997

44.

A. Berini, G. Volonté.

Duke Ellington, Un genio, un mito

Ed. Ponte alle Grazie, 1984

45.

G. Barazzetta.

Una vita in quattro quarti

Quaderni di Siena Jazz, 2007

46.

G. Borgna.

Storia della canzone italiana

Oscar Mondadori, 1992

47.

D. Salvatori.

Di tutto un Pop

Adn Kronos 2001

48.

H. Salas.

Il Tango

Garzanti 1986

49.

P. Belluso, F. Merkel.

Unicamente Mina

Gammalibri, 1983

50.

E. Morricone, S. Miceli.

Comporre per il cinema

Ed. Marsilio – Bianco e Nero, 2001

51.

E. Comunzio.

Colonna sonora

Ente dello spettacolo, 1992

52.

A. Baricco.

L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin

Garzanti, 1992

53.

J.James.

The Music of the Spheres

Abacus, 1993

54.

N. lenrecht.

The Book of Musical Anecdotes

Warner Books, 1993

55.

N.A.

I luoghi della musica

Ed Touring Club Italiano, 2003

56.

P. Isotta.

Protagonisti della musica

Ed. Longanesi, 1988

57.

G. E. Mottini.

Con sette note

U. Hoepli, 1949

58.

AA.VV.

Flamenco e passione latina

Monografie, Ed.New Sounds

59.

AA.VV.

Musica Fusion e Smooth Jazz

Monografie, Ed. New Sounds

60.

AA.VV.

Il libro dei canti

Jaca Books, 1976

61.

AA.VV.

World Music

The Rough Guides,1994

62.

L. Cinque.

Kunsertu, la musica popolare in Italia

Longanesi 1977

63.

AA.VV.

Pianoforte II

Monografie, Ed. New Sounds

64.

H. Barlow, S. Morgenstern.

A Dictionary of Musical Themes

Faber & Faber, 1983

65.

P. Carles, A. Clergeat, J.L. Comolli.

Dictionnaire du Jazz

E

66.

J. Napoli, C. Giuduc.

Dizionario di autori e di composizioni pianistiche

Ed. Curci, 1983

67.

AA.VV.

Dizionario degli interpreti musicali

UTET, 1990

68.

S. Sadie, A. Latham.

The Cambridge Music Guide

Cambridge University Press, 1985

69.

P. Gammond.

The Oxford Companion to Popular Music

Oxford University Press, 1993

70.

D. Clarke.

The Penguin Encyclopedia of Popular Music

Penguin Books, 1990

71.

M. Kennedy.

The Oxford Dictionary of Music

Oxford University press, 1994

72.

S. Sadie.

The Grove Concise Dictionary of Music

MacMillan Press, 1988

73.

E. Gilder.

Dictionary of Composers

Warner Books, 1985

74.

P. Santi.

Repertorio di musica sinfonica

Ricordi-Giunti, 1989

75.

AA.VV.

Guide de la Musique de Piano et de Clavecin

Fayard, 1987

76.

AA.VV.

L’Enciclopedia della Musica

Pubblicaz. a dispense. DeAgostini, 1995

77.

AA.VV.

Classica

Pubblicaz. a dispense. Fabbri Ed..1985

78.

AA.VV.

Grandi compositori

Pubblicaz. a dispense. DE Agostini

79.

AA.VV.

Grande Enciclopedia della musica classica

Pubblicaz. a dispense. Armando Curcio Editore

80.

 

Il melodramma

Pubblicaz. a dispense (Testi+LP). Ed Ricordi

81.

 

La canzone napoletana

Pubblicaz. a dispense (Testi+CD ). De Agostini

82.

 

Anni’50

Pubblicaz. a dispense (Testi+CD).

83.

 

Emozioni in Musica

Pubblicaz. a dispense (Testi+CD). De Agostini

84.

 

Maestri della Musica

Pubblicaz. a dispense (Testi+CD) DeAgostini

85.

 

Jazz

Pubblicaz. a dispense (Testi+CD) . Fratelli Fabbri

86.

 

Dizionario Enciclopedico del Jazz

Pubblicaz. a dispense (Testi+CD). A. Curcio Ed.

87.

 

The Best Music Collection

Pubblicaz. a dispense (Testi+CD). De Agostini

88.

R. Cook, B. Morton.

The Penguin Guide to Jazz on CD, LP and Cassette

Penguin Books

89.

R. Padovano.

Hit. Classifiche, dischi, artisti dagli anni ’50 ai giorni nostri

Mondadori, 1997

90.

E. Greenfield, R. Layton, I.March.

The Penguin Guide To Compact Discs

Penguin Books, 1990

B. Biblioteca

Come ho detto sopra, i libri dell’elenco precedente costituiscono anche la mia “Biblioteca Musicale”, assieme agli spartiti e ai libri scolastici di musica. Oggi, in tempi di Internet, la cosa può apparire superflua e forse anche un po’ ridicola, ma io sono nato e largamente vissuto in un’epoca in cui il libro, il libro di carta, era uno strumento principale della conoscenza, e anche un piacere per l’animo e per i sensi. E per me è ancora così.

C. Meloteca

Accanto ai libri sulla musica e di musica, in casa mia c’è anche molta musica, intendo musica da riprodurre e ascoltare.. Negli anni, ho finito per accumulare centinaia e centinaia di LP, musicassette, video cvassette musicali e CD.



Naturalmente tutto questo accumulo è avvenuto in larga misura prima dei tempi di Internet Oggi la cosa fa forse un po’ ridere, o almeno sorridere: con YouTube e qualche altro programma si può avere accesso ad un numero sterminato di opere musicali. Beh, un po’ mi sono adeguato – e mi sto adeguando - anch’io: sul mio computer (diciamo pure sul mio iTunes) ho quasi 120 Gbite di musica, per un totale di circa 19.000 brani, ascoltati tutti almeno una volta e conservati se giudicati degni di un riascolto….Però per me costituisce sempre un grosso sacrificio rinunciare a uno dei miei LP o CD, dopo averlo digitalizzato sul PC.

10.4 Le mie trasmissioni su Europa Radio

Qui di seguito sono elencate e descritte tutte le trasmissioni musicali che ho condotto su Europa Radio, da solo o insieme con Zino Cadini, fra il a 1989 e il 1994.
Di ciascuna trasmissione sono elencate le singole puntate, ciascuna col suo contenuto (lo si evidenzia cliccando sul numero della puntata).
Inoltre, per le singole puntate, sono a volte disponibili alcuni brani direttamente per l’ascolto (altri ne verranno aggiunti via via, per arrivare sperabilmente a coprirli tutti).
Per ascoltare il brano, cliccare sul simbolo dell’altoparlantino nell’ultima colonna a destra. Sotto la tabella delle puntata c’è il player, che consente di fermare l’ascolto o riprenderlo o chiuderlo.
Nell’ascolto tenere presenti almeno due cose importanti:

  1. Le registrazioni sono andate in onda negli anni 1989-1994: Ascoltate oggi suonano, anche a me, molto datate…

  2. La qualità sonora è quello che è, cioè il risultato di una mia registrazione su cassetta da una radio, quindi talvolta disturbata, e successivamente digitalizzata da me, in modo a volte un po’ artigiana

10.4.1 PIANO CONTRO PIANO

Descrizione

E’ un programma musicale di W. Ghizzoni, in onda su Europa Radio nel periodo 1989-1991.
La puntate, ciascuna della durata di circa 90 minuti, dovevano essere inizialmente 20, ma poi se ne sono aggiunte altre 20, grazie – secondo la “grande signora” della radio, Elda Botta – al successo di ascolto registrato.
La trasmissione è centrata sul pianoforte e sulla musica per pianoforte, sia da solo sia come strumento solista insieme ad altri. In ciascuna puntata si seguono almeno due filoni, quello della musica classica e quello del jazz, e i rispettivi brani si alternano. Occasionalmente vi compaiono anche brani pianistici di musica leggera. Chiude ogni puntata un concerto classico per pianoforte e orchestra.
Sia per il filone classico, sia per quello del piano jazz, si segue – in ciascuna puntata – un ordine genericamente cronologico: prima i brani più antichi, poi via via quelli più recenti.
La presentazione e i commenti ai singoli brani, che pure hanno un intento blandamante divulgativo, indulgono anche alla divagazione e all’aneddoto curioso, e riguardano compositori, interpreti, stili musical e il pianoforte in tutti gli aspetti – storia, tecnica costruttiva, evoluzione dello stile esecutivo, ecc…

Contenuti
In onda

Abbreviazioni:

ABM

Arturo Benedetti Michelangeli

ADL

Alicia De Larrocha

CBT

Clavicembalo ben temperato

CPO

Concerto per pianoforte e orchestra

DE

Duke Ellington

EF

Ella Fitzgerald

LA

Louis Armstrong

S.I.

Sigla iniziale

S.F.

Sigla finale



Puntata

cliccando sul numero della puntata ne viene visualizzato il contenuto
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40


10.4.2 DALL’A ALLA Z (Abbecedario musicale)

Descrizione

Programma musicale di Zino Cadini e William Ghizzoni, in onda su Europa Radio nel 1992.
Le puntate sono 40, ciascuna della durata di un’ora circa.
L’idea base è quella di trasmettere brani musicali collegati, in qualche modo, ad una lettera dell’alfabeto, ad esempio per il nome del compositore o dell’interprete, o per il titolo del brano o altro, in grande libertà.
Si alternano normalmente brani jazz, presentati da Z. Cadini, e brani di musica classica, o anche classico-leggera o pop, presentati da W. Ghizzoni.
La presentazione può riguardare autori e/o interpreti dei vari brani, ma talvolta si concede divagazioni sul periodo storico, aneddoti, curiosità varie…
L’intento è quindi di intrattenimento e anche un po’ divulgativo, ma sempre con mano leggera.


Contenuti
In onda

Abbreviazioni: v. Piano contro Piano

Puntata

cliccando sul numero della puntata ne viene visualizzato il contenuto
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40


10.4.3 STRUMENTI CHE PASSIONE

Descrizione

Programma musicale di W. Ghizzoni e Z. Cadini, in onda su Europa Radio nel 1994.
Le puntate sono 20, ciascuna della durata di 1 ora circa.
L’idea base è quella di trasmettere brani musicali eseguiti di volta in volta da uno specifico strument, e ogni puntata è dedicata ad un gruppo omogeneo di strumenti, ad es. gli archi, gli ottoni, lae percussioni, la voce umana, ecc.
Si alternano normalmente brani di jazz, presentati da Z. Cadini, e brani di musica classica o anche classico leggera o pop, presentati da W. Ghizzoni.
La presentazione riguarda principalmente le caratteristiche (tecniche, costruttive, sonore, storiche, esecutive,…) dei singoli strumenti, ma può riguardare anche autori e/o interpreti, nonché divagazioni, aneddoti e curiosità varie.
L’intento è quindi di intrattenimento e anche un po’ divulgativo, ma sempre con mano leggera.


Contenuti
In onda

Abbreviazioni: v. Piano contro Piano

Puntata

cliccando sul numero della puntata ne viene visualizzato il contenuto
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10.5 Musica, musica, musica… mini-corso di musicologia

Musica, musica, musica… mini-corso di musicologia